STORIE NOVARESI
Prima e dopo la Legge Basaglia.


"Nuvole nere sopra di me, armature d'argento intorno"

Moreno, Casa Verde 2 di Novara.

1875: La nascita dell'ospedale psichiatrico (allora manicomio provinciale) di Novara

1875-1978 Cento anni di vita per l’Ospedale psichiatrico di Novara, mentre cambia la società, la psichiatria, comincia il Novecento con le sue guerre e le sue rivoluzioni.

Un “paese”a sé dentro la città, con spazi insufficienti fin dall’inizio, che verrà ad avere anche più di 1400 ospiti, in un’Italia con molti meno abitanti di oggi. Un nuovo edificio costruito poi in periferia, e ultimato nel 1978, ma mai utilizzato come ospedale psichiatrico (oggi è sede di due scuole superiori) perché nel frattempo era stata approvata la legge Basaglia. Dopo la graduale trasformazione dei servizi psichiatrici, oggi l’ex ospedale psichiatrico di viale Roma è sede dell’Azienda Sanitaria Locale di Novara.


RICOVERATI A NOVARA
Anno Persone
1875 256
1885 391
1895 587
1905 585
1915 1258
1916 1304
1917 1381
1918 1230
1919 1132
1920 1179
1921 1223
1922 1252
1923 1278
1924 1314
1941 928
1944 1030
1947 928
1950 963
1952 1021
1955 1082
1957 1114
1961 887
1964 882
1968 897
1969 1038
1970 1093
1971 666
1978 600
1996 180
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Fine ‘800: prima inchiesta sui manicomi della giornalista Nellie Bly

Le modalità spesso violente utilizzate nella cura dei malati psichici non sono state discusse solo negli ultimi decenni ma da più di cento anni, anche nel resto del mondo, come è evidente dal lavoro di Nellie Bly.

pseudonimo di Elizabeth Jane Cochran, nata nel 1864 in Pennsylvania. Fu la prima giornalista investigativa americana, creatrice del genere di giornalismo sotto copertura. Il suo nome è legato anche ad un giro del mondo da record, completato in soli 72 giorni, emulando Phileas Fogg, protagonista del romanzo di Jules Verne “Il giro del mondo il 80 giorni”. Nellie si appassionò presto al giornalismo e si interessò più volte delle condizioni delle lavoratrici in fabbrica. Lavorò anche come corrispondente dal Messico, per trasferirsi successivamente a New York, dove ha compiuto la prima inchiesta che l'ha resa celebre: fingere di soffrire di alcuni disturbi psichiatrici per denunciare le condizioni del manicomio femminile della metropoli, facendosi internare per 10 giorni. Dopo questa formidabile inchiesta ne seguirono molte altre, sempre molto originali e a volte pericolose. L'obiettivo di Nellie era quello di scoprire e denunciare l’emarginazione subita da interi gruppi sociali. Una delle sue ultime inchieste fu quella sul fronte orientale della prima guerra mondiale, in cui mostrava la crudeltà e la disumanità della guerra, vissuta anche dai nemici. Morì a New York nel 1922.

1904 - Legge Giolitti

Cresce il numero dei reclusi, Il legame tra follia e miseria, Il potere dei medici psichiatri,
Custodire e curare chi è pericoloso e dà scandalo

Tra la fine ‘800 e l’inizio del ‘900 i reclusi nei manicomi italiani crescono in tutto il mondo, e così anche in Italia, dove passano dai 12.000 del 1874, ai 24.000 del 1891 ai 54.000 del 1914. Il numero quadruplica, mentre non cresce nello stesso modo la popolazione italiana. C’è un forte legame tra follia e miseria (evidente ad esempio nel fatto che il 10% dei degenti sono malati di pellagra, patologia causata dall’alimentazione povera e scarsa), e c’è la volontà di nascondere i cosiddetti alienati, consentendo agli psichiatri un potere incontrastato sulla gestione della follia. Questa legge, con alcune integrazioni, resterà comunque in vigore fino all’approvazione della Legge Basaglia. L’articolo 1 della 104 recita: “Debbono essere custodite e curate nei manicomi le persone affette per qualunque causa da alienazione mentale, quando siano pericolose a sé o agli altri, o riescano di pubblico scandalo”



Manicomio Provinciale di Novara: album 1910
Le foto provengono da un servizio fotografico ufficiale effettuato a cura dell’istituzione per mostrare l’efficienza del manicomio provinciale, i suoi spazi funzionali, i suoi ambienti di lavoro. Qui tutto appare bello, pulito e ordinato. Siamo a pochi anni dall’approvazione della legge del 1904, e a Novara c’erano state alcune lamentele, e a fine ‘800 anche un’inchiesta sul trattamento dei ricoverati.
Disegno di Ombretta Beldì, Facciata dell'Ospedale Psichiatrico di Novara
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1915-1918 -Traumi di guerra e malattia mentale: i materiali dell’Archivio di Stato di Novara

Il disturbo da stress post traumatico. Il rapporto tra guerra e malattia mentale.

L’Archivio di Stato di Novara e i documenti del manicomio provinciale durante la Grande Guerra. La statistica dei soldati ricoverati per cause di guerra: età, professioni, diagnosi.

Dati Statistici sui militari ricoverati nel manicomio di Novara 1917 e 1918

L’Archivio di Stato di Novara conserva il fondo documentario dell’Ospedale psichiatrico di Novara.

Abbiamo analizzato i registri clinici degli uomini vol. n. 37, 38, 39, con ingressi relativi agli anni 1917 e 1918 e i fascicoli personali vol. n. 28 (uomini usciti da maggio 1918 a gennaio 1919), n. 91 e n.92 (uomini morti negli anni seguenti, entrati per varie ragioni nell’ultimo periodo di guerra). Abbiamo registrato per ogni soldato ricoverato alcuni dati significativi (età, professione prima di andare in guerra, diagnosi, dimissione o morte in manicomio). Dall’analisi dei dati risulta che moltissimi ricoverati nel manicomio novarese erano soldati con gravi disturbi post-traumatici (espressione che usiamo oggi per descrivere i traumi di guerra). Nel 1917 i ricoverati totali a Novara erano 1381 (in Italia 54.311), nel 1918 erano 1230, nel 1919 erano 1132. Dei nuovi ingressi maschili avvenuti tra 21 agosto 1917 e il febbraio 1919, cioè 465 uomini, ben 114 erano soldati. Si può dire che la guerra rappresentasse il principale evento scatenante la malattia psichica per i ricoverati maschi di questo periodo. Abbiamo poi trasformato in grafici le rilevazioni, effettuate su file excel. Professioni e categorie di diagnosi simili sono state accorpate.

Alcune storie di soldati ricoverati
Documenti provenienti dai registri clinici e dai fascicoli personali dei ricoverati ( atto notorio Comune di Cerano, lettera di un familiare, modula informativa, copertina di un registro clinico )


Storie di vita di alcuni soldati ricoverati, tra cui prigionieri di guerra Italiani e Austro-Ungarici, disertori, ricoverati per trauma di guerra, alcuni dimessi, altri scappati, altri morti in manicomio.
F.P. - Matricola: 4975
Prigioniero di guerra croato, contadino nella vita civile, svolgeva lavori agricoli a Biandrate come prigioniero. Entra il 27 ottobre 1917 nel manicomio provinciale di Novara, proveniente dall’ospedale militare della città. Considerato pericoloso per sé e per gli altri, è tenuto in isolamento e curato con “bagni”. Rimane ricoverato fino al 13 settembre 1920, data della morte per “marasma”
P.L.A. - Matricola: 4982
Operaio nella vita civile, soldato del 74° Fanteria, già ricoverato nel giugno 1917 all’ospedale militare di Torino, riformato nell’agosto del ’17, poi trasferito al manicomio provinciale di Novara il 15 settembre 1917, affetto da “narcolessia”, con diagnosi di “psicosi isterica”, e infine” migliorato” e consegnato al padre” il 19 dicembre 1918.
A.F. - Matricola: 4983
Muratore della classe 1878, soldato del 49° Reggimento Fanteria. Ricoverato prima all’ospedale militare di Aosta, arriva il 18 settembre 1917 al manicomio novarese dove morirà il 24 novembre 1917, “per esaurimento”. Dal 14 settembre 1917 soffriva di continua “agitazione maniaca, con tendenze impulsive, insonnia e tendenze a lacerare qualsiasi cosa”.
C.G. - Matricola: 4991
Soldato del 53°Battaglione Fanteria, nato nel 1885, entra il 2 ottobre 1917, provenendo dall’ospedale militare di Vercelli, e rimanendo a disposizione del Tribunale di Torino, in attesa del mandato di cattura e dell’ordine di carcerazione del Tribunale, probabilmente accusato per insubordinazione o diserzione. Compie “atti di mania furiosa” e soffre di alcolismo cronico. Non verrà però carcerato perché i medici nel novembre del 1917 lo propongono per essere riformato in quanto “alienato”. Dall’ospedale uscirà il 22 settembre 1919, quando viene riconsegnato al fratello. repellat.
U.G.P. - Matricola: 4992
Contadino di Biandrate, soldato a Parma, viene ricoverato il 5 ottobre 1917 a 23 anni, ed uscirà nel settembre dell’anno successivo. La cartella clinica dice che alle elementari era intelligente e sereno, mentre durante la malattia, diagnosticata come psicosi frenastenica con idee di delirio”, è in continua agitazione, “vede il diavolo e si sente il Signore”.
P.U. - Matricola: 4995
Nato nel 1889 ad Agnano, muratore, soldato del 4° Alpini, ricoverato a Novara il 9 ottobre 1917, recidivo, per una crisi avvenuta durante una breve licenza di convalescenza. Il paziente riferisce che i suoi problemi sono stati causati dalla lunga prigionia, iniziata il 30 settembre 1916, in Austria, dove ha subito maltrattamenti di vario tipo. Qui ha avuto la prima crisi, e dall’Austria viene così rimpatriato nel maggio 1917 con la diagnosi di nevrastenia. A Novara rimane pochi giorni: muore il 15 ottobre 1917 per “accessi epilettici”.
M.C. - Matricola: 5122
Cameriere nato nel 1892, di Pallanza, soldato del 23° Fanteria, viene ammesso a Novara il 23 febbraio 1918 e poi dimesso dopo quattro mesi, con il consenso dell’autorità militare, in seguito è consegnato ai genitori. Si dice che fu sempre considerato “strambo”, viene quindi riformato, ma non può essere congedato dall’esercito, perché su di lui grava una condanna a due anni per diserzione. Durante i primi giorni di degenza compie atti molto violenti, poi si tranquillizza. Il medico dichiara che ”la segregazione lo fa peggiorare, mentre la libertà e il lavoro lo farebbero migliorare e gioverebbero alla sua salute”.
A.E. - Matricola: 5176
Nato a La Spezia nel 1891, appartenente al 53° Reggimento di Fanteria, di anni 37, ricoverato il 20 giugno 1918, proveniente dall’Ospedale Militare di Novara, “pericoloso a sé e agli altri”, dimostrava disturbi nel comportamento come depressione, fino al tentato suicidio e altri, classificati come “comportamenti maniaci”. Di famiglia non povera, tappezziere con il padre, sapeva leggere e scrivere, e aveva una certa cultura, come dimostra il carteggio con l’ospedale, in cui chiedeva notizie sulle condizioni di salute del figlio, e quando avrebbe potuto essere dimesso dall'ospedale. In una lettera del 13 novembre 1918 da La Spezia, dunque a guerra finita, chiede ancora informazioni, deluso che il figlio non sia ancora stato rilasciato, perché lo credeva guarito, avendolo visto adibito ai servizi di cucina, in una visita che gli aveva fatto a Novara. Inoltre si lamenta che dei suoi due figli, entrambi in guerra, anche l’altro è ricoverato, per essere stato ferito al fronte. A.E non viene sottoposto ad alcuna cura, solo all’osservazione, e pochi mesi dopo, il 23 novembre 1918 evade, senza lasciare più sue tracce. Non si può sapere, dalle carte consultate, se le autorità militari e civili lo avessero condannato, si sa solo che la famiglia, interpellata, rispose che non era arrivato da loro e che forse era a Torino presso amici. Non si tratta di un caso isolato, l’evasione era abbastanza frequente tra i soldati, nonostante il rischio di processo e condanna.
D.E. - Matricola: 5265
Soldato del 263° Fanteria, nato a Gravellona Lomellina nel 1893, contadino residente a Galliate. Viene inviato a Novara dall’Ospedale Militare principale di Volterra, sezione psichiatrica, dove gli è diagnosticata “demenza precoce, frenosi catatonica” che lo porterà ad essere riformato. Questo malato entrerà e uscirà dal manicomio novarese molte volte, con dimissioni richieste dai genitori, e una volta nel 1922 evade. Muore nel 1943 in manicomio. Nei diari clinici vengono descritte le sue difficoltà di linguaggio, la stereotipia dei gesti, la ricerca continua di oggetti raccattati da terra, le sue visioni di tutti i tipi che lo svegliano di soprassalto. Gli verrà riconosciuta l’invalidità per cause di guerra.
C.P. - Matricola: 5289
Il sarto trentenne viene ricoverato a guerra finita, il 12 febbraio 1919, e morirà in manicomio, dove viene descritto come “demente tranquillo, addetto a piccoli lavori” nel 1963. Il ricovero, effettuato su richiesta del padre, risale al 12 febbraio 1919. Il Comune di Cerano sostiene la richiesta, come si può vedere dall’atto notorio in cui Sindaco e alcuni testimoni vicini di casa del malato dichiarano: “il folle C.P. è povero e pericoloso per sé e per gli altri” e “repentinamente gli ha dato di volta il cervello”. All’ammissione viene diagnosticata “demenza paranoico-allucinatoria”, teme che “spiriti maligni” vogliano entrargli dalla bocca. A quanto affermano i genitori l’esordio della malattia risale al servizio militare al fronte. Otterrà la pensione di guerra.
M.M. - Matricola: 5397
Proveniente da Oleggio, fu ricoverato per lungo tempo dopo aver prestato servizio militare in guerra, dove faceva parte del 2° reggimento artiglieria Fortezza. Entrato in manicomio nel 1919, ne uscì un paio di volte per essere poi ricoverato definitivamente fino alla fine dei suoi giorni, cioè nel 1970. Dopo una breve licenza durante la guerra, aveva incominciato a mostrare segni di “melanconia” e di “alienazione mentale”, si rifiutava di mangiare e di parlare, oltre che dimostrare intenzioni suicide. Nei decenni successivi, oltre alle cure farmacologiche, subì diversi elettroshock, poi sconsigliati negli anni sessanta, come risulta dalla documentazione clinica, in cui sono anche riportate alcune sue frasi frequenti: ”Il morale è un po’ basso, ma nel complesso mi sento meglio anche se non riesco a dire in cosa consista questo star meglio” ; “Tra tre giorni ho deciso di farmi fuori. Se avessi una rivoltella lo farei da solo.”; “Quello là con quella macchina cerca di farmi fuori.” (la macchina era una strumentazione medica, non sappiamo quale); “Non ho fatto del male a nessuno, ma ormai sono in condizioni troppo avanzate e adesso non mi lasciano più andare.” Nel suo certificato di decesso come causa della morte è riportata la “melanconia”.
C.M. - Matricola: 5448
Morto in manicomio nel 1927 durante il secondo ricovero, aveva prestato servizio nel 4° Reggimento alpini di Ivrea. Il Tribunale militare non riconobbe la sua malattia come derivante dal trauma di guerra. Non ebbe assegno di convalescenza o altri assegni. Fu internato per la prima volta nel 1919 dopo aver tentato un suicidio pubblico nelle vicinanze della caserma in cui viveva, con una baionetta, causando grande paura e caos tra i presenti. I suoi sintomi erano una costante malinconia e stati d'animo confusi, ipocondria, disordine mentale, irritabilità. Dopo un lieve miglioramento, nel '21 uscì dall'ospedale, ma dopo pochi mesi fu di nuovo ricoverato fino al '27.
La denuncia della condizione dei ricoverati nelle fotografie di Gianni Berengo Gardin e Carla Cerati, nel libro fotografico “Morire di classe”.
Questo testo fu pubblicato per volontà di Franco Basaglia nel 1969, e poi ristampato molte volte, con la collaborazione di Gianni Berengo Gardin e Carla Cerati, due dei maggiori fotografi dell'epoca, che scattarono foto drammatiche negli ospedali psichiatrici di Gorizia, Colorno, Ferrara e altri. Il libro, preceduto da una mostra fotografica, denunciava la condizione in cui vivevano i malati psichici. Fu una rivelazione sconvolgente perché mostrò per la prima volta condizione dei ricoverati e la crudeltà dei trattamenti rivolti a cui erano spesso sottoposti. Le foto furono anche trasmesse nel 1968 durante il programma televisivo di Sergio Zavoli “I giardini di Abele” , seguito da 11 milioni di italiani, in cui le telecamere della RAI entrarono nell’ospedale psichiatrico di Gorizia, allora diretto da Franco Basaglia. Secondo alcuni, libro, mostra fotografica e servizio televisivo furono elementi fondamentali per la successiva approvazione della legge. Basaglia.

Intervista allo psichiatra prof. Eugenio Borgna - Parte 1

Primario emerito dell’azienda ospedaliera Maggiore della Carità di Novara, docente universitario e saggista, effettuata a Novara l’11 dicembre 2018. -

la formazione, il rapporto tra neurologia e psichiatria, la conoscenza di Basaglia, per una psichiatria pubblica, il manicomio di un tempo, le ammissioni e le dimissioni, il rapporto coi pazienti, Il dibattito a Novara

La testimonianza di Pierluigi Casellato - Parte 1
Pierluigi Casellato è un infermiere di Vespolate che ha lavorato quasi 33 anni nei servizi psichiatrici, da quando la Provincia l’aveva assunto come allievo infermiere nel 1975 e lui aveva preso servizio presso l’Ospedale Psichiatrico di Novara. A seguito dell’approvazione della Legge Basaglia e della trasformazione dei servizi, ha lavorato dal 1979 al 1983 presso il reparto psichiatrico dell’Ospedale Maggiore, poi nel servizio psichiatrico territoriale fino al 2002, infine coordinatore del personale nel centro di salute mentale dell’ASL 13 fino al 2005, e poi presso le strutture riabilitative dell’ASL fino al 2008, anno in cui è andato in pensione, e ha sentito la necessità di pubblicare un resoconto della sua storia professionale, contenente anche una bella documentazione fotografica d’archivio, intitolato La casa dell’orologio: Storia del manicomio provinciale di Novara. Il libro esprime la consapevolezza di una professionista che ha creduto nella riforma, dopo aver visto le violenze quasi inevitabili del sistema precedente, e le difficoltà del cambiamento successivo. Spiega come erano fatti gli edifici del vecchio manicomio, in cui le varie “casine” erano destinate alle varie tipologie di malati (agitati, tranquilli, epilettici, tubercolotici, suicidi...) e portavano ognuna il nome di un illustre psichiatra. Ovunque c’era odore di muffa e disinfettanti. L’autorità del direttore era assoluta, le regole erano di tipo militare. Casellato ha assistito all’ultima seduta di elettroshokterapia effettuata nell’ospedale psichiatrico, su un malato affetto da catatonia grave, che non si alimentava, non si muoveva, non parlava. La terapia lo rese una larva, un automa, e Casellato ricorda che la sua reazione fu di “una paura strana, come se mi sentissi colpevole di qualche cosa, una sensazione difficile da spiegare, che non potrò mai dimenticare”.
Intervista allo psichiatra dott. Domenico Nano - Parte 1
Già Direttore del Dipartimento di salute mentale interaziendale ASL-AOU Novara, docente, saggista e organizzatore di convegni sulla psichiatria di comunità, effettuata a Novara il 17 dicembre 2018. -Gli psichiatri e la Grande Guerra. Gli emarginati trovano posto in manicomio. Manicomi che creano patologia. La spersonalizzazione. Custodia e cura in contraddizione. Gli psicofarmaci. Un orologio senza tempo.

Biografia di Franco Basaglia
Franco Basaglia nasce a Venezia nel 1924 da una famiglia benestante. Si iscrive a medicina, e durante l'occupazione nazista partecipa alla Resistenza, venendo anche poi arrestato e incarcerato nell'ottobre del 1944. Dopo tre anni, nel 1947, si laurea in medicina e successivamente, nel 1961 diventa direttore nell'ospedale psichiatrico di Gorizia, un ospedale di confine, in cui i ricoverati erano sia italiani che sloveni, e spesso erano profughi di guerra. A Gorizia l'uso delle gabbie, delle camicie di forza e delle catene erano all'ordine del giorno con la direzione precedente, ma, fin dal suo arrivo, Basaglia iniziò a cambiare le cose, per esempio rimise gli specchi e i comodini nelle camere dei pazienti, aprì le finestre, bandì l'uso delle camicie di forza. La sua azione si svolgeva insieme ai suoi collaboratori, fra i quali la moglie Franca Ongaro Basaglia. Le sue gesta scatenarono indignazione ma anche ammirazione, sia da parte dei suoi colleghi psichiatri, che da parte dei cittadini di Gorizia e non solo. Dopo la sua opera rivoluzionaria nel manicomio di Gorizia, passa per due anni in quello di Colorno, vicino Parma, per poi passare nel 1971 alla direzione del manicomio di Trieste. Successivamente si dedica ad un’intensa attività di diffusione attraverso saggi, incontri, convegni nazionali e internazionali, collaborazione con giornali e televisione, e le sue idee sfociarono nella Legge 180, il 13 maggio 1978, che sanciva la definitiva chiusura dei manicomi sul suolo italiano. L'anno dopo, nel 1979, parte per il Brasile, dove le sue idee si diffusero portando ad una profonda rivoluzione del sistema psichiatrico. L’attività in Brasile è raccolta nel saggio Conferenze brasiliane. Fra le sue opere più famose ricordiamo Che cos’è la psichiatria (1967), L’Istituzione negata (1968), Morire di classe (1969): Nel 1980 si manifestano i primi segni di un tumore al cervello che lo porterà alla morte il 29 ottobre 1980.
Storia della Legge 180
Una rivoluzione copernicana basata su libertà e consenso del malato. I TSO solo nel rispetto della dignità umana. La persona umana, non la malattia, sempre al centro. Nascono i servizi territoriali per la salute mentale. Una legge modello per tutto il mondo. La sopravvivenza dei pregiudizi. I problemi dei finanziamenti e delle leggi regionali. La Legge 180 è una rivoluzione copernicana che diventò un modello in tutto il mondo. Libertà e consenso diventano elementi fondamentali e, nei casi di trattamenti sanitari obbligatori, essi devono avvenire “nel rispetto della dignità della persona”. La chiusura dei manicomi è accompagnata da diverse misure con la finalità di costruire i servizi psichiatrici territoriali, ambulatori, case-famiglia, centri diurni ecc. L’approvazione della legge fu accompagnata da un vivace dibattito, era tutta la società italiana che si interrogava sulle soluzioni alternative al manicomio. Le difficoltà non mancarono (fra l’altro la sua approvazione avvenne 4 giorni dopo l’assassinio di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse), ma alla fine fu sostenuta da tutte le forze politiche. Tuttavia, fin dall’inizio i finanziamenti non erano sufficienti, e in seguito non tutte le Regioni emanarono le proprie leggi regionali applicative della 180. Inoltre, molti interessi delle strutture private si frapposero alla sua piena applicazione. Un altro problema fu la persistenza dei “muri mentali”, dei pregiudizi, anche dopo l’abbattimento delle mura dei manicomi. Finalmente comunque nel 1999 Rosi Bindi, Ministro della Sanità, poté dichiarare la chiusura definitiva dei manicomi.

Il dibattito a Novara negli articoli sull’ospedale psichiatrico e sull’approvazione della legge, pubblicati nel 1978 su “Il Corriere di Novara”.
Anche a Novara si discute sulla legge, in un clima sostanzialmente favorevole ad essa, e, nei mesi precedenti, sulla situazione dell’ospedale psichiatrico. Il nuovo edificio che doveva ospitarlo nella frazione di Vignale, sarà invece destinato ad uso scolastico. Comincia da subito anche la discussione sull’applicazione della legge, e su come evitare l’emarginazione delle persone dimesse dall’ospedale.

L'importanza della memoria dopo la chiusura

Testi e fotografie dal docufilm "Voci" del Regista Vallino

Ci sono storie che ti passano accanto e non le vedi; di solito sono dietro qualche muro che qualcuno ha costruito oppure tu hai alzato, che sia di mattoni o finto non importa. Ho voluto passare il cancello e raccontare un luogo della memoria; ho preferito farlo attraverso passi che visitano lunghi corridoi, stanze polverose, armadi lasciati svuoti da oggetti terribili e voci che dal silenzio raccontano dolori ed emozioni, sovrapponendosi a quelle dell'oggi. Una possibile sintesi è forse nelle parole che Franco Basaglia diceva nel lontano 1979, riferendosi alla legge che portava il suo nome: “L’importante è che abbiamo dimostrato che l’impossibile può diventare possibile. Dieci, quindici, venti anni addietro era impensabile che il manicomio potesse essere distrutto. D’altronde potrà accadere che i manicomi torneranno ad essere chiusi e più chiusi ancora di prima, io non lo so! Ma, in tutti i modi, abbiamo dimostrato che si può assistere il folle in altra maniera. Non credo che essere riusciti a condurre una azione come la nostra sia una vittoria definitiva. L’importante è un’altra cosa, è sapere ciò che si può fare”. Quanti muri siamo riusciti ad abbattere e quanti ne abbiamo costruiti di nuovo?... o se volete, quante volte abbiamo oltrepassato il muro, anche solo per conoscere cosa ci stava dietro? Non sappiamo di chi sono i passi che tornano nel traffico rumoroso alla fine della nostra avventura; non ci importa saperlo... forse sono di tutti noi... - F.Basaglia

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Intervista allo psichiatra prof. Eugenio Borgna - Parte 2

Primario emerito dell’azienda ospedaliera Maggiore della Carità di Novara, docente universitario e saggista, effettuata a Novara l’11 dicembre 2018.

Dopo l'approvazione della legge. La psichiatria di oggi. Il dibattito attuale. Follia e Poesia

Scarica l'intervista
La testimonianza di Pierluigi Casellato - Parte 2
Casellato racconta la nascita del repartino di psichiatria presso l’ospedale maggiore e il timore del cambiamento, quando all’inizio aveva cercato di opporsi al trasferimento perché “venivano a mancare il senso di sicurezza e protezione che le mura dell’ospedale psichiatrico” gli davano. Poi, poco alla volta, cercando anche di capire come andasse interpretata la legge, ad esempio riguardo ai TSO, è riuscito a capire che si poteva davvero cambiare e ha sperimentato tutte le nuove forme di organizzazione dei servizi psichiatrici prevista dalla Legge Basaglia (centri di salute mentale, case famiglia, centri diurni…). Ha capito il valore del lavoro di gruppo, della collaborazione con i colleghi, e “il valore dell’umiltà nel rapportarsi con i pazienti e i loro familiari”. Ha capito la necessità di una formazione professionale continua, perché i malati sono prima di tutto persone. In uno dei corsi a cui ha partecipato, ha preso consapevolezza che “in psichiatria non esistono solo i farmaci o gli atti fisici, ma un insieme di relazioni, rapporti interpersonali e farmaci”, e quindi che non si più lavorare per compiti frammentati, ma per obiettivi comuni. Poi conclude: “Vorrei che tutti sapessero quanta umanità e quanta gratitudine possono esprimere i sofferenti psichici, alcune volte questi sentimenti li esprimono apertamente, altre molto velatamente. Ma si tratta solo di riuscire a coglierli per essere gratificati e continuare a lavorare”.
Intervista allo psichiatra dott. Domenico Nano - Parte 2

Già Direttore del Dipartimento di salute mentale interaziendale ASL-AOU Novara, docente, saggista e organizzatore di convegni sulla psichiatria di comunità, effettuata a Novara il 17 dicembre 2018.

Gli psichiatri e la Grande Guerra. Gli emarginati trovano posto in manicomio. Manicomi che creano patologia. La spersonalizzazione. Custodia e cura in contraddizione. Gli psicofarmaci. Un orologio senza tempo.

Le testimonianze di Rossella Carrera e Virginia di Palma della cooperativa GEA di Novara sulla gestione delle case famiglia/gruppi appartamento
Per capire come funzionano i servizi sul territorio, in applicazione della legge 180, abbiamo incontrato Rossella Carrera, da luglio 2017 responsabile organizzativa della cooperativa GEA di Novara, ed educatrice professionale in un gruppo appartamento, e Virginia Di Palma, operatrice socio-sanitaria presso la stessa cooperativa. L’incontro è avvenuto il 27 dicembre 2018 presso la sede amministrativa di Piazza Santa Caterina, e poi presso uno degli appartamenti gestiti, in corso XXIII marzo a Novara, dove abbiamo anche incontrato gli ospiti che ci hanno offerto un aperitivo. Il colloquio con loro, interessati alla nostra ricerca, e le parole di Moreno, un ospite poeta, che sono diventate il titolo del nostro lavoro. La passione e la professionalità delle operatrici, l’importanza dei progetti e del lavoro di gruppo, il benessere degli ospiti che si sentono a casa loro, la volontà di renderli autonomi e partecipi per quanto possibile, l’importanza della Legge regionale del Piemonte.

Bibliografia, sitografia e altre fonti
Per il progetto sono state utilizzate varie fonti, l'elenco in download.

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CREDITI E RINGRAZIAMENTI
Ricerca e sito realizzati da Emmanuel Anansi, Youssef El Aamraoui, Giulia Foglio, Marcello Mazzucchi, Domenico Popolizio, classe 4BIN, con il coordinamento della professoressa Anna Maria Cardano,
A.S. 2018/2019, ITT G.Fauser, Novara.

Siamo grati a Eugenio Borgna, Domenico Nano, Rossella Carrera, Virginia Di Palma che ci hanno parlato e ascoltato, all’Archivio di Stato di Novara, alla Biblioteca Civica Negroni di Novara, a Sara Cavaleri per i suggerimenti, ad Anna Mairate e Antonella Susca per averci prestato i loro libri, a Vanni Vallino per aver condiviso i materiali del film “Voci” e ai docenti, al personale e al Dirigente dell'I.T.T. Fauser di Novara.